di Dio è che “Egli dà il cibo ad ogni vivente”. Ritmati da quel «Eterna è la sua misericordia», i passi di Gesù e dei suoi muovono verso il monte degli Ulivi: dove la misericordia si fa passione. Quando l’Eucaristia è celebrata secondo il desiderio di Gesù, si canta la misericordia e si esce verso il monte degli Ulivi, immagine di quelle periferie che attendono l’olio del Signore e della sua comunità, la Chiesa. Se, per l’unzione battesimale, si è configurati a Gesù Cristo, se nella celebrazione dell’Eucaristia siamo incorporati a lui come un cuor solo e un’anima sola, dal cenacolo, con il grande Alleluia sulle labbra, si esce verso le periferie di ogni passione degli uomini e delle donne del nostro tempo.
Cantando la misericordia di Dio, usciremo con Gesù verso le periferie di ogni passione. Al monte degli ulivi, dove la passione è davvero l’appassionarsi che si contorce in un patire, dove la passione è pazienza che resiste nel sacro desiderio di vita giusta; dove il grido si confonde con la supplica, dove la solitudine e la tristezza sconvolgono l’anima, dove il calice del fallimento diventa imbevibile, dove si suda sangue. La Chiesa che esce dall’Eucaristia, che dall’Eucaristia è generata non può cantare la misericordia stando sull’uscio e osservando da lontano il monte degli ulivi, gridando, a quanti lo abitano, dottrine e precetti, scagliati come pietre... Tornare a frequentare i margini delle strade e i sepolcri del nostro tempo, ritrovare familiarità con l’umano reale. Avremo la stessa predilezione di Dio per i piccoli, i poveri e i peccatori; e stringeremo vincoli d’amore con quanti, anche nella Chiesa, patiscono l’indifferenza e soffrono l’assedio della religione della legge.
Infatti nel culto cristiano, quella carne viene celebrata e ricevuta come piena della vita di Dio (carne benedetta in cui abita la pienezza della divinità). Per questo dalla Messa si esce come artigiani della cultura dell’incontro, della fraternità, della comunione, della sinfonia di voci.
In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà.
Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro. (Mt 18,19-20).
Se due si accorderanno: letteralmente se due “uniscono le voci” (= sin-fonia). Senza che uno o l’altro alzando la voce, copra quella dell’altro; senza che i più siano costretti a scimmiottare la voce di pochi. Solo unendo le voci, esattamente nella loro differenza, la comunità si ritrova davvero docile alla voce dello Spi- rito che grida lo stesso “Abba’, Padre” di Gesù; la voce dello Spirito che guida alla verità tutta intera.
Domandano: l’esito dell’unire le voci, del condividere visioni, sogni, letture del Vangelo, sarà il decidersi per passi di rinnovamento che non prospettano qualcosa che è a disposizione delle nostre misere forze. Saranno immaginati passi di conversione e di riforma che, proprio perché degni del Vangelo, implicano un domandare la grazia di Dio. E domanderemo quello che domanda/desidera Gesù.
Dove due o tre sono riuniti nel mio nome: è un passivo! Dove “veniamo riuniti”, non nel nome di uno dei due o tre (cfr Mt 18,1s!), ma nel nome di Gesù: riuniti perché ci si sente convocati da Gesù.
Lasciandoci trasportare in alto da questi “sogni”, ci auguriamo una buona ripresa del cammino nel quale, insieme, tenteremo di realizzarli nella concretezza della nostra vita comunitaria.
Con affetto
don Stefano con
don Luigi, don Gino, don Romano, diacono Claudio