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La CUpola

Tratto da: Archivio Parr.le di Gazzada e dal volume Profilo storico di Gazzada Schianno di Gianazza

 
In S. Croce meglio risulta l'arte pittorica di Montanari e Morgari, che hanno trasformato in «una gloria di colori e di figure la cupola e le volte già desolatamente squallide» della chiesa, cantando «attraverso la musica meravigliosa dei colori e delle artistiche che loro concezioni il poema divino della Croce, alla cue esaltazione la Parrocchia è consacrata».

Al Morganti è toccato lo svolgimento del tema della Croce in qunto affreschi che arrichiscono il perimetro della cupola. Sullo sfondo del Calvario l'autore ha colto effetti drammatici, presentando una Madonna piegata dal dolore nel reggere il corpo esanime del Cristo, fiancheggiato da due Angeli che, sconsolati, mostrano gli strumenti del martirio: una scala, una corona di spine, fruste.

La parte del leone è fatta però dei quattro pennacchi delle cupole, arricchite dalle figure di S. Luigi, re di Francia, S. Francesco Saverio, S. Giovanni e S. Paolo della Croce, che sublimarono col sacrificio la loro esistenza, al servizio del santo  legno.

Nel tamburo della cupola quattro grandi raffigurazioni richiamano l'attenzione del visitatore. Nel riquadro a sinistra di chi guarda, campeggia S. Elena che ha ritrovato la croce sul Calvario; accanto a lei S. Macario, vescovo di Gerusalemme, dona la guarigione a una matroona inferma.

All'emozione che pervade gli astanti nella Guarigione di una Matrona si accompagna la profonda meditazione dell'uomo di fronte a S. Pietro appeso alla croce col capo all'ingiù. Ad attenuare la crudezza del martirio toccato all'apostolo, un Angelo ventila sul suo capo una palma: gesti e sentimenti assumnono una violenza compressa, l'ornamentalità è ridotta alle esigenze dell'essenzialità e dell'eternità.

Tra i due dipinti si accampa, sulla parete del tamburo, vicina alla navata della chiesa, la figura dell'imperatore Costantino. Trasportata la scena nella realtà di un accampamento addossato alla muraglia di un maniero, l'artista è riuscito, nell'elevazione del Sovrano verso  la croce, a intensificare la spiritualità del gesto innovatore, traendo dalla pennellata rapida e densa effetti di esuberante sensibilità coloristica.

Antistante l'arco che sovrasta l'altare maggiore, appoggiati alla croce, occupano lo spazio di un altro quadro i profeti maggiori dell'Antico Testamento. Collocati due per parte, rivestiti di panneggi ora a pieghe irreali, ora profonde, ora depresse, essi tradiscono una sottintesa ricerca di volumi dalle ascendenze gotiche, che pure manifesta un'intensa espressione psicologica nella genuina attesa del Dio che purifica e redime.

Sopra la croce una fascia colla dicitura: Nos gloriari oportet in cruce domini nostri lesti Xristi avvolge un coro di Angeli, ai cui fianchi sprigionano devozione due gruppi di Santi devoti al Crocefisso: da una parte S. Teresa, S. Tomaso d'Aquino, S. Bernardo, S. Atanasio e 5. Grisostomo; dall'altra S. Paolo, S. Bonaventura, S. Vincenzo de' Paoli, S. Rosa da Lima.

Il resto delle tazze della cupola vede ancora addensarsi un'orchestra di Angeli, alcuni dei quali reggono festoni, palme, altri diffondono con svariati strumenti sinfonie di canti, litanie di gloria, raggi di luce. Sulla destra di chi entra in chiesa, nella cappella a lato dell'altare, l'occhio del fedele è ancora colpito da un affresco originariamente sopra l'altare maggiore: una schiera di Angeli si eleva in adorazione davanti all'ostensorio, reggendo la scritta: Venite adoremus.