Chiesa San Giorgio Martire
in Schianno

La storia

Tratto da: Profilo storico di Gazzada Schianno di Gianazza

 
Se anche ai piccoli centri è lecito far scattare la molla delle sorprese, pur sgombrando immediatamente il terreno da possibili illusioni, per non lasciar pensare alla presenza in essi di grandi capolavori, la chiesa di S. Giorgio, a Schianno, può vantare un pizzico d'arte in grado di appagare l'occhio, senza stancare.

L'emozione, se di essa si può parlare, nel nostro caso, è quella provata alla vista di un quadro dalle dimensioni non eccelse, di epoca non ben definita e raffigurante una Madonna con Bambino, situata nella cappella laterale destra della chiesa di S. Giorgio, le cui pareti sono arricchite da una serie di dipinti, opere di Isidoro Bianchi d Campione (1602-1662).

 Entrato nell'edificio sacro, il credente che abbia voluto immergere la mano in un'artistica acquasantiera cesellata, può provare suggestioni incerte da rimeditare e rivisitare, all'immaginario dialogo intrecciato coi Santi Giacinto, Francesco da Paola, Domenico, Pietro, Bernardo, Agostino, che adornano le pareti di sinistra, quasi a voler indagare il segreto del loro conciliabolo.

Ad esso fa riscontro l'imprevedibile dialogare tra i Santi Francesco di Assisi, Carlo Borromeo, Ambrogio, Ignazio di Loiola, Francesco Saverio, Salvatore da Horta, i quali popolano con la loro saggezza le pareti di destra.

Sono i resti di una grandiosa e magnifica Sacra Conversazione, di cui manca la parte centrale che stava nella parte di fondo della chiesa antica abbattuta, con la distruzione del dipinto e su cui erano raffigurati la Beata Vergine, al centro, con alla sua destra la Maddalena e S. Anna ed a sinistra S. Giuseppe e S. Caterina da Siena.

I lavori di restauro furono eseguiti, nel 1965, dal prof. Mario Rossi di Varese, per conservarli all'ammirazione dei fedeli e degli intenditori. Si direbbe che l'autore, nel silenzio della chiesetta campestre, abbia voluto ripercorrere itinerari lontani, spaziare dalle epoche più remote della Cristianità fino ai suoi tempi, quasi a suggere dalle labbra di tanti maestri della fede il sapere necessario, a cui inchinarsi nel riprodurre la loro effigie sull'ampiezza della tela.

Singolare contrasto dunque, che inserisce nella ridotta dimensione dell'ambiente la vastità della dottrina, nel cui profumo lo sprovveduto uomo della strada, capitato li per caso, può trovare come un invito, un viatico a ritornare indietro nel tempo, a tentare una sia pur frammentaria ricostruzione delle vicende che hanno accompagnato, nel Seicento, la vita religiosa di Schianno, della sua compagine, all'insegna del campanile di S. Giorgio.

Nelle dimensioni vantate a tutt'oggi, la chiesa di S. Giorgio è senz'altro più ampia di quanto non fosse in origine. Già nel 1612 la Curia arcivescovile dispose che fosse allungata almeno di 4 braccia, in modo da consentire una più degna accoglienza ai fedeli. Mancavano infatti la sacrestia, la torre campanaria, le mantiglie necessarie per i comunicandi. È presumibile che anche il cimitero si riducesse a un semplice appezzamento non recintato, dal momento che se ne consigliava una costruzione di forma quadrata, debitamente difesa dall'invasione degli animali e collocata davanti alla chiesa. Per arricchirne le strutture murarie, il parroco fu autorizzato a vendere all'asta i beni lasciati da Giovanni de Regolo Biotti e costituiti da un appezzamento di terra campo e vigna detta al Ronco del Mongardo, di pt. 2 circa, con sei alberi di castagno e uno di noce.

Particolari attenzioni furono rivolte all'altare maggiore e alla suppellettile da arricchire con l'acquisto di un calice, di una patera, di un Messale, di pallii, di stole, di corporali, di purificatori.

Più precise informazioni sullo stato della chiesa parrocchiale si ebbero circa vent'anni dopo, come si può ricavare dai documenti del 1637.
Mancava sempre il campanile da erigere al posto della cantina del parroco. La sacrestia risultava sprovvista di quasi la sua suppellettile era per lo più indecorosa e pertanto da innovarsi.