Dall’omelia dell’Arcivescovo Mario Delpini (13/06/2023) nella Chiesa di Gazzada (1Re 19,9-13; At 1,3-8; Gv 7,37-39)
“Se qualcuno ha sete”. C’è qualcuno che ha sete? Talvolta ci sentiamo rispondere: “Non abbiamo sete, abbiamo buone riserve d’acqua, abbiamo imparato a procurarci tutto quello che ci serve con la nostra intraprendenza, con la nostra sapienza, con i mezzi che abbiamo. […] Ecco, noi tutti cristiani siamo incaricati di portare l’acqua che il Signore ci dà. Però talvolta ci sentiamo un po' inutili, ci sentiamo rispondere: “No, non abbiamo bisogno”, cioè l’autosufficienza. Ci sentiamo rispondere: “No, abbiamo di meglio” cioè il piacere che possiamo procurarci. Ci sentiamo rispondere: “Noi non ci fidiamo tanto di te” - il sospetto.
Però noi questa sera […] siamo qui per dire che con tutto quello che noi possiamo fare, con tutto quello che abbiamo fatto, con tutte le qualità che ci vengono riconosciute, […] noi siamo qui per dire: Abbiamo sete, abbiamo ancora sete, non ci bastano le cose, non ci bastano gli amici, non ci bastano le attività, abbiamo sete. […] Ecco, il prete certamente è incaricato di offrire l’acqua viva che viene da Gesù, ma il prete prima di tutto è un assetato. Quest’acqua viva la cerca, resta un assetato […]. Come Elia, profeta sperimentato in tante imprese gloriose, ma alla fine si reca sul monte e attende ancora di conoscere Dio, Lui profeta di Dio per tanti anni. Come la Chiesa che resta assetata e aspetta ancora quella potenza che viene dall’alto, che abilita i discepoli ad essere un segno per il mondo, perché il mondo creda. Abbiamo ancora sete, […] e allora noi siamo qui per dire, per sentirci dire: “Dov’è la fonte? Dov’è che cercheremo l’acqua di cui abbiamo sete?”. Gesù dice: “Chi ha sete venga a me”. Noi non abbiamo altro punto in cui andare, altra persona a cui affidarci, noi non abbiamo altro che Gesù […], perciò noi continuiamo ad andare da Gesù a riconoscerlo come sorgente d’acqua zampillante. Ecco di che cosa abbiamo sete, di Gesù. E le letture di oggi spiegano che Gesù disseta con il dono dello Spirito. Quest’acqua viva non è il sollievo temporaneo di un po' di ristoro, non è una specie di cura palliativa per esonerarci dal considerare la drammaticità dei problemi. No, quest’acqua è lo Spirito, cioè la vita di Dio, ecco di che cosa abbiamo sete. Quest’acqua è quella sapienza, quella potenza che rende possibile la missione […], si chiama Spirito Santo.
E poi forse Elia ci suggerisce come ricevere questo dono dello Spirito, quest’acqua zampillante. Ecco il silenzio, il deserto dove non ci lasciamo impressionare dal tuono, dal terremoto, dal vento, là dove Dio parla con un lieve sussurro. Ecco, Gesù dona il suo Spirito, alitando sui suoi discepoli come un soffio leggero, come un vento amico, come il respiro di cui noi respiriamo. Questa vita che viene da Dio ci fa consapevoli che non si tratta di aggiungere qualcosa a quello che facciamo, di trovarci qualche angolino di silenzio per recuperare le forze, ma si tratta proprio di una questione di vita o di morte, cioè noi dobbiamo respirare questa presenza dello Spirito, altrimenti non possiamo fare nulla per quanto ci agitiamo: […] se non viviamo di Lui, siamo come quel tralcio che staccato dalla vite si secca, un ramo secco. Ecco, 25 anni sono una parte importante della vita e chissà quante cose avete da raccontare, quante esperienze, quante grazie, quanti miracoli, quante fatiche, sofferenze, peccati. Ecco, però mi pare che celebrare questi 25 anni vuol dire: “Noi abbiamo sete Signore, perciò veniamo a te, perciò donaci il tuo Spirito, perciò facci entrare nella caverna sul monte di Dio, dove possiamo vivere della tua vita. Noi siamo quelli che abbiamo ancora sete”.