Appena trascorse le feste del Natale, la notte del 30 dicembre 1938 (47 anni), Edith, accompagnata da un medico amico, fugge dal Convento delle Carmelitane di Colonia per raggiungere quello di Echt in Olanda: dopo aver sostato in preghiera in un santuario dedicato alla Vergine della Pace, proseguono il viaggio e varcano la frontiera di notte e con la nebbia raggiungendo la nuova destinazione la sera del 31 dicembre: «Quella sera - dicono le suore – il volto di suor Benedetta aveva un’espressione grave e dolorosa, ma la sua delicatezza e il suo gran cuore ci hanno conquistate subito». Sentiamo direttamente dalle lettere di Suor Benedetta della Croce, come visse quei momenti: «Sono arrivata qui la sera di san Silvestro. Per tutte noi, al Carmelo, la decisione di separarci è stata penosa, ma avevo la ferma convinzione che fosse la volontà di Dio e che si sarebbe evitato qualcosa di peggio. Qui mi hanno accolta con il più tenero affetto. Le buone madri e sorelle hanno compiuto tutti i passi necessari per farmi avere il più presto possibile il permesso di immigrazione e, con le loro preghiere, mi hanno spianato la strada». Suor Benedetta si mette a studiare l’olandese, aggiungendo così una settima lingua a quelle che già conosceva. Non impiegò molto ad acclimatarsi, né a conquistarsi la simpatia delle suore. Così scrive: «Da quando sono qui, il mio sentimento dominante è la riconoscenza: rendo grazie per essere qui e per ciò che è questa casa. Tuttavia ho un pensiero persistente: quaggiù non ci sono dimore permanenti. Non desidero nulla, se non che si compia in me e attraverso di me la volontà di Dio: quanto tempo mi lascerà qui e che cosa succederà in seguito? Tutto questo dipende da Lui e perciò non devo occuparmi affatto. È però importante pregare molto, per restare fedeli in ogni circostanza. E, prima di tutto, per le numerose persone che si trovano a subire una situazione ben peggiore della mia e che, tuttavia, non sono radicate nell’eternità. Sono anche riconoscente di tutto cuore verso coloro che mi offrono il loro aiuto».

In tempi brevi gli eventi confermano gli oscuri presagi di Edith: il 30 gennaio 1939, Hitler decreta e annuncia l’annientamento della “razza ebraica”, provocando un esodo massiccio degli ebrei dell’Europa centrale verso la Francia e gli Stati Uniti. I segni premonitori del conflitto si fanno più netti. Sei mesi prima dello scatenarsi del conflitto, Teresa Benedetta spera ancora nella Misericordia divina, alla quale si offre come vittima; così scrive nel suo testamento: «Fin da adesso accetto la morte che Dio mi ha destinato, con gioia e con una totale sottomissione alla sua santissima volontà. Prego il Signore di voler accettare la mia vita e la mia morte per la sua gloria e glorificazione […], per il popolo ebreo affinché il Signore sia accolto dai suoi e venga il suo regno […] Per la salvezza della Germania e per la pace nel mondo; infine, per i miei parenti, vivi e morti, e per tutti coloro che Dio mi ha affidato: perché nessuno si perda». Nel maggio 1940, l’Olanda viene occupata dai tedeschi che, subito, mettono in atto una legislazione antisemita: gli ebrei, esclusi dalla funzione pubblica e con domicilio coatto, vengono tenuti in disparte dal resto della popolazione e obbligati a portare la stella gialla, mentre la Gestapo assume il controllo delle amministrazioni. Suor Benedetta prega e si offre, in un abbandono totale, alla contemplazione:

“Benedici, Signore, lo spirito affranto di coloro che soffrono,
la pesante solitudine degli uomini, di colui che non conosce riposo,
la sofferenza che non si confida a nessuno.
E benedici il corteo di quelle persone nella notte
che non spaventa lo spettro di percorsi sconosciuti.
Benedici la miseria degli uomini che muoiono in quest’ora: concedi loro, mio Dio, una buona fine.
Benedici, Signore, i cuori amareggiati.
Prima di tutto accorda ai malati il sollievo,
insegna l’oblio a coloro che hai privato del loro bene più caro:
non abbandonare, sulla terra intera, nessuno al suo sgomento.
Benedici, proteggi, Signore, coloro che sono nella gioia.
Finora non mi hai mai liberata dalla tristezza e, a volte, mi pesa molto;
ma mi dai la tua forza e la posso sopportare” (Dagli Scritti minori)

(Continua)