Continua il percorso proposto dalla Caritas decanale che, nel corso di quest’anno, intende presentare alcune testimonianze per aiutare tutti a riflettere su cosa significhi porsi al servizio dei poveri con lo stile di Gesù. Questa domenica, racconta la propria esperienza un volontario che per più di vent’anni ha operato all’interno della Caritas.
Non posso parlare della Caritas senza ricordare un episodio avvenuto parecchi anni fa: un mezzogiorno bussò alla porta di casa nostra una persona che chiedeva qualcosa da mangiare. Era un senza casa, dormiva nei fienili: un barbone, in gergo lombardo. La nostra era una famiglia molto povera. Grazie all’ingegno dei miei genitori, riuscivamo a mangiare appena. Mia madre, stremata dalle tante persone che bussavano per chiedere qualcosa da mangiare, gli disse che non aveva nulla. Ma in quell’istante arrivò mio padre dalla campagna, e, preso atto della situazione, disse a mia madre: “Dagli il mio piatto di minestra. Io mangerò qualcosa d’altro”.
Questo episodio mi ha colpito al punto da segnare la mia vita, mi ha segnato dentro e me lo porto tuttora nel cuore.
Sono stato volontario Caritas vent’anni e forse di più… Però la carità la si può fare sempre, anche nella quotidianità, in famiglia, nel vicinato, con i conoscenti, e nei tanti bisogni che ci sono nel mondo, di donne e uomini che condividono la nostra stessa esistenza. Nel mio caso, sono state tante le situazioni di bisogno reale che ho incontrato. Non so se sempre ho agito nel migliore dei modi però ci ho provato… E quando assieme ad altri riuscivamo a dare un aiuto e dare un sollievo (in situazioni a volte disperate), provavo una grande gioia che ripagava abbondantemente.
Quando sono entrato nella Caritas parrocchiale, ho cercato di frequentare tutti gli incontri formativi possibili, cercando di adeguarmi all’esperienza della Caritas Ambrosiana. Di quegli incontri ricordo tre cose in particolare che sono state dette per gli operatori Caritas: innanzi tutto, che il primo compito dell’operatore Caritas è l’annuncio della Parola di Dio; seconda cosa: è la politica come attenzione ai poveri; la terza, è l’emergenza, sono i bisogni quotidiani in tutto il mondo, oltre alle persone vicine.
Questi suggerimenti corrispondevano con i miei ideali e la mia esperienza di vita.
All’inizio ho dovuto fare esperienza e imparare come comportarmi con le persone che si rivolgevano alla Caritas. Ciò ha richiesto tempo e dedizione cosciente: avevo a che fare con persone che chiedevano aiuto e non sempre questo si risolve con il dare... occorre valutare cosa è meglio per quella situazione, in quel momento.
Lavorando in gruppo, non sempre c’è coesione, a volte ci sono dissensi che creano delle difficoltà. Questi momenti vanno gestiti amorevolmente, con pazienza, sapendo che la carità è un servizio al prossimo e non può essere il luogo dove i personalismi puntano ad emergere.
A conclusione della mia esperienza in Caritas - ma non con la carità - posso dire in modo convinto che, se non avessi preso in considerazione i bisogni delle persone, non avrei capito un aspetto importante della condizione umana, e mi mancherebbe un tassello difficilmente recuperabile.
L’esperienza Caritas mi ha aiutato ad acquisire serenità interiore che dà benessere, fiducia nella vita e speranza nel futuro.
Non so se sempre mi sono comportato come la penso, ci ho provato.
Un volontario Caritas